L’Europa, anche se non è il posto giusto sarà dieci volte meglio di laggiù – La testimonianza
Aquarius, 27 Ottobre 2016
Testimone A.
« Ringrazio Dio di avere inviato una nave di soccorso a salvarci la vita, altrimenti saremmo morti tutti !». Con un asciugamano di spugna verde avvolto attorno al capo, A. attende all’ombra il suo turno per la visita. Come una decina di altri migranti, trasferiti da un’altra nave, la sua pelle è stata erosa durante la traversata sul gommone. Il cocktail d’acqua di mare e carburante provoca ustioni terribili, che preoccupano seriamente l’équipe medica, che deve cambiare quotidianamente le bende. o…”.
A. fa parte di 20 persone che sono state trasferite la sera del 23 ottobre sulla Aquarius, dopo essere state soccorse poche ore prima da un’altra nave, la Dignity1. Ancora sotto choc, racconta in modo confuso i suoi ricordi della traversata.
« All’improvviso mi sono accorto che avevo dell’acqua sotto ai piedi, una donna vicino a me mi ha detto che era solo un’onda entrata nella barca. Ma secondo me c’era un buco ».
L’uomo cerca di riordinare i ricordi. « Mi sono reso conto che non ero più seduto sul legno del fondo, ma nell’acqua che saliva, saliva. Abbiamo cercato di estrarre l’acqua con i nostri vestiti perché era l’unica cosa che avevamo a disposizione. Ma alcuni a bordo non erano d’accordo.
Ma noi eravamo lì sul fondo dell’imbarcazione, certe persone non volevano aiutarci ad estrarre l’acqua. Il gommone ha preso una forma a V, chi era in alto è scivolato verso il fondo che si era piegato. Le donne, i bambini e noi eravamo sotto senza possibilità di alzarci. L’odore del carburante ci dava le vertigini, io sono stato come inebriato, ho perso i sensi, ma, prima di riprendermi, mi hanno colpito e sono caduto in acqua. Ho trovato un giubbotto di salvataggio e qualcuno mi ha aiutato a salire a bordo ». A. mi chiede dove sono le giovani donne che viaggiavano vicino a lui. Difficile rispondere, perché in quel momento 520 persone sono a bordo della Aquarius. « Mi chiedo dove sono andati a finire gli altri perché non ho capito nulla. Non li ho più visti, ho scoperto che tutte le persone sedute vicino a me sul gommone sono morte. Una famiglia : padre, madre e bambino… ». Si prende il viso tra le mani.
A., è originario del Togo. Dice di avere 30 anni, anche se dai segni che ha sul viso e dalla barba rada e brizzolata si direbbe che ne abbia di più. Prima di arrivare in Libia, A. è passato per il Benin, il Chad e l’Algeria. « Sono restato a lungo in Libia, ma non auguro a nessuno quello che ho passato laggiù. Ti costringono a fare cose che non dovresti. Sono dovuto scappare da quella situazione. Volevo tornare a casa mia, ma potevo solo proseguire. Non c’era nessun modo di tornare in Togo, il solo modo di fuggire da lì è da questa parte, verso l’Europa, anche se non è il posto giusto, sarà dieci volte meglio di laggiù ».
Testo: Mathilde Auvillain
Traduzione: Sara Omodeo
Photo Credits: Andrea Kunkl/SOS MEDITERRANEE
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