Diario di bordo – G19 – Quando volano i migranti
Aquarius 16 marzo 2016
Come sono saggi e disciplinati i nostri profughi ! Sul ponte dell’Aquarius, sono 119 a fare la coda, fagotto in mano e testa sepolta in una coperta grigia. Davanti a loro, l’isola di Lampedusa, il mare, e la ringhiera di babordo da scavalcare. L’Aquarius ha navigato tutta la notte a velocità ridotta, per non disturbare il loro sonno di fantasmi. Le onde ci hanno cullato, per poi svegliarci di primo mattino. Il cattivo tempo era di ritorno. Il vento ci impediva l’ingresso nel porto. Bisognava trovare un luogo al riparo dietro l’isola e trasbordare i nostri sopravvissuti verso due grandi motovedette che aspettavano. I migranti, benché abituati a tutto, hanno un po’ strabuzzato gli occhi vedendo i membri dell’equipaggio italiano in tuta bianca, guanti di plastica bianchi e maschere sul viso. Uno di loro, subacqueo, era vestito tutto d’arancione, con una telecamera indossabile alla cima del cranio. Un dolce miscuglio di principio di precauzione e norme sanitarie. Il popolo dei marziani ha teso la mano al popolo delle coperte, alcuni comandi in siciliano hanno arrangiato la manovra e il trasbordo è iniziato.
Le due navi, bordo contro bordo, salivano e scendevano al ritmo delle onde alte tre metri, i loro scafi rischiavano in ogni momento di scontrarsi, masse d’acciaio capaci ciascuna di schiacciare d’un tratto un intero villaggio vacanze. Abbiamo cominciato dai due bambini che le rudi braccia dei marinai hanno accolto con la dolcezza di una balia, poi le loro mamme, un adolescente senza stampelle e con le gambe paralizzate dalla poliomielite e alla fine gli uomini, a volte più pesanti dei loro salvatori.
Sull’Aquarius, marinai e capitano istruivano a uno a uno tutti i candidati al grande salto “Girati! Guardaci! Scendi la scala un piede alla volta. E lascia tutto quando te lo diciamo… adesso!” Una barca saliva, l’altra sprofondava e un corpo volava nell’intervallo, tenuto da quattro paia di braccia, al di sopra dell’acqua schiumante. Due volte abbiamo dovuto cambiare l’ancoraggio. Due volte il vento e le onde ci hanno raggiunti. La motovedetta e l’Aquarius saltavano come tappi, ma i migranti volavano ben dritto, atterrando in dolcezza sul ponte della motovedetta italiana, in terra europea. Dopo due ore d’acrobazie, i rifugiati sono finiti al caldo e noi nel sudore. L’Aquarius era vuoto. I marinai delle due barche si sono applauditi a vicenda, sollevati, i migranti hanno fatto ciao con la mano e abbiamo visto allontanarsi il popolo dei resuscitati, volti neri d’ebano con sorrisi da neonati.
Il capitano Klaus, responsabile dell’Aquarius, li ha seguiti a lungo con lo sguardo in cui si leggevano sollievo e rivolta insieme “Sarebbe meglio se viaggiassero in aereo, no?”.
Jean-Paul Mari
Fonte -> http://www.grands-reporters.com/Journal-de-bord-SOS-MEDITERRANEE.html
Photos: Patrick Bar