Le nuove vie migratorie verso la salvezza
La notizia non è molto recente e forse ve la siete persa. Poco più di un mese fa è entrato in vigore un particolare accordo dell’Unione Europea con la Turchia. Sulla base di questo accordo tutti i nuovi richiedenti d’asilo giunti “irregolarmente” in Grecia saranno forzatamente respinti e trasferiti in Turchia. Nonostante le pesanti critiche avanzate dalle organizzazioni umanitarie, l’accordo impegna inoltre la Turchia a trasferire un richiedente d’asilo siriano verso l’Europa per ogni migrante respinto (senza curarsi da quale paese proviene). La logica ufficiale dietro questo accordo è che in questo modo meno persone rischieranno la vita, per raggiungere l’Europa attraversando il Mediterraneo, ben sapendo che saranno poi respinte.
Melissa Fleming, un portavoce ufficiale del UNHCR – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per Rifugiati -, ha espresso la sua perplessità su questo accordo, sottolineando “la necessità di assicurassi che i diritti dei rifugiati ed i diritti umani vengano rispettati […]”. Quest’auspicio è messo in dubbio sia dal destino incerto dei non-siriani deportati verso la Turchia sia da episodi di violenza avvenuti recentemente. C’è stata l’uccisione di un gruppo di cittadini siriani, fra cui donne e bambini, che cercavano di entrare in Turchia da parte della polizia di frontiera turca.
Nonostante la presenza di controlli più serrati nell’area orientale del Mediterraneo, alla frontiera fra Turchia e Siria, e nei Balcani (vedi mappa), questi episodi mostrano che le persone continueranno a rischiare la propria vita nel tentativo di cercare riparo dalla violenza. Finché l’annullamento dei diritti umani continuerà ad avvenire in modo sistematico in certe regioni del mondo, la popolazione continuerà a fuggire e sarà obbligata a trovare percorsi alternativi, a volte ancora più rischiosi delle vie tradizionali. Questo avverrà come conseguenza delle decisioni prese dai leader politici.
Alcune ricerche, effettuate in questo ultimo mese dal Centro della Migrazione Internazionale (OIM), hanno per esempio documentato che un certo numero di siriani sta tentando di percorrere quelle che viene chiamata la “West African Route”. Attraversano le regioni dell’Africa occidentale per raggiungere l’Europa. Arrivano infatti in Mauritania con un volo preso da Istanbul o dalla Tunisia. Attraversano la Mauritania, il Mali, l’Algeria; continuano poi verso nord fino alla costa libica. A quel punto, si uniscono alle migliaia di altre persone che cercano di raggiungere l’Italia attraverso il Mediterraneo centrale. Ovviamente il percorso visualizzato è solo una rappresentazione schematica.
I controlli più stringenti stanno contribuendo alla nascita di nuovi percorsi anche in America Latina. Sono arrivate notizie che descrivono il tentativo di cittadini siriani di raggiungere il continente Nord-americano attraversando l’America centrale ed il Messico. Si parla anche di siriani che provano a richiedere lo stato d’asilo nella Guaina Francese, dopo avere attraversato via terra il Brasile (che non richiede un visto per i siriani). Tutto ciò sottolinea l’imprevedibilità delle conseguenze prodotte dai controlli più stringenti. Questi esempi dimostrano anche quanta creatività e determinazione ci sia in queste popolazioni alla ricerca di un luogo dove poter proseguire la propria vita in sicurezza e prosperità.
Dal nostro punto di osservazione a SOS Méditerranée, stiamo già vendendo un ondata di persone in arrivo attraverso il Mediterraneo Centrale ed un forte aumento di episodi di richiesta di soccorso che impegnano la nostra assistenza. Solo qualche giorno fa, ci siamo dovuti attivare in due grandi operazioni di salvataggio in mare. Un totale di 116 persone sono state tratte in salvo Sabato, 16 Aprile; mentre Domenica, 17 Aprile il totale è stato di 108 persone.
Tristemente, siamo stati testimoni anche di tragiche morti di un numero imprecisato di persone, che si aggiungo al totale delle persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo quest’anno mettendosi in navigazione dalla Libia con imbarcazioni precarie. Secondo il “Missing Migrant Project” della Organizzazione Internazionale per la Migrazione, 1360 persone hanno perso la vita dall’inizio del 2016 nel Mediterraneo. Nel 2015 il numero di vittime per lo stesso periodo era 1733. Questa situazione è inaccettabile.
Le storie dei migranti che incontriamo, esausti, tremanti, con lo sguardo nel vuoto che dice “abbiamo assistito alla sofferenza del mondo”, ci hanno convinto di una cosa: la resistenza umana è infinita, così come la voglia di rischiare la propria vita per un futuro migliore. Speriamo che questo desiderio di una vita migliore, ora che la via dei Balcani si è fatta più difficile, ora che stanno emergendo nuove via migratorie, non porti altre tragedie. Speriamo che la società civile, gli stati, le ONG e attivisti diano assistenza a coloro che scelgono queste vie alternative meno conosciute.
Giorgio Baldelli