Boat people, ieri ed oggi – Quando la storia si ripete
Aquarius, sabato 25.03.2017
L’umidità scende pesante sul Mar Cinese Meridionale. Da quattro ore un giovane fotografo di nome Patrick scruta l’orizzonte con il suo binocolo. Alle prime ore del mattino, il profilo di un piccolo puntino colorato si staglia sulla coltre del cielo grigio. La Mary, imbarcazione finanziata dal ricchissimo industriale francese Gilles, gli si avvicina rapidamente. I contorni del punto grigio si fanno più precisi. Si tratta di un imbarcazione da pesca, il cui legno ha visto giorni migliori. A bordo ci sono 48 persone, in gran parte donne e bambini.
Splende il sole sul Mar Mediterraneo e sulla costa della Libia. Le acque sono calme quando il capitano dell’Aquarius lancia l’allarme. Un segnale di richiesta d’aiuto è stato ricevuto. Pochi minuti più tardi un piccolo bip appare sugli schermi di controllo del ponte. È una corsa contro il tempo. Il flebile segnale captato deve essere identificato per confermare che si tratta effettivamente di una imbarcazione. Trovato. L‘Aquarius si lancia al salvataggio.
Patrick tiene la mano di un bambino di 10 anni, il corpo magro, il sorriso senza denti. Ora è la sua famiglia ad essere soccorsa. Molte donne hanno sporcato il loro volto di proposito. I loro corpi stanchi sono nascosti da sacchi utilizzati a mò di vestiti, sporchi di urina e benzina. Fanno di tutto per cercare di sfuggire allo stupro. A bordo della Mary, i rifugiati si accasciano. Alcuni piangono, altri pregano. Molti non hanno più la forza di fare nulla. I volontari delle associazioni «Partage» e «Médecins du Monde» distribuiscono vestiti, dentifricio, acqua e cibo. Quelli che sono sfuggiti all’orrore dormiranno un mese sul ponte prima di essere trasferiti nel campo dei rifugiati. I più fortunati verranno accolti a Puerto Princesa nelle Filippine. I più sfortunati finiscono ad Hongkong o a Singapore, dove aspetteranno dei mesi nell’attesa di un visto.
Ritorniamo alle coste della Libia. Nessuna sa ancora quanti immigrati si ammassano sul canotto pneumatico che è stato avvistato. I soccorritori dell’Aquarius si avvicinano. Le operazioni di soccorso cominciano. «Restate calmi» ripetono i membri di SOS MEDITERRANNEE che tentano di impedire ai rifugiati di buttarsi in acqua. In ogni momento il salvataggio può diventare una tragedia se le regole di sicurezza non sono rispettate. Dei giubbotti salvagente sono distribuiti, la maggior parte dei rifugiati non sa nuotare. Trasportati sul ponte dell‘Aquarius, ricevono un kit di sopravvivenza. Bere, mangiare, parlare, i loro bisogni primari trovano sollievo dopo molte ore di angoscia e terrore al pensiero di affogare in un Mediterraneo crudele, trasformato per l‘occasione in un cimitero marino. In ogni angolo della nave ci sono delle insegne con un messaggio scritto in tre lingue diverse «se sei stato vittima di violenze o stupro, possiamo aiutarti». Partiti dall’Africa Sub-Sahariana, dal Bangladesh, dalla Guinea, dalla Gambia e da molti altri paesi africani, in qualche ore i rifugiati metteranno per la prima volta piede sul suolo europeo. Lì i percorsi si faranno individuali.
Testo: Perrine Baglan
Traduzione: Flavia Citrignio
Photo credits: PBar/SOS MEDITERRANEE
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