«Nuove testimonianze sulle atrocità dei campi libici. La priorità assoluta è andare a soccorrere in mare coloro che fuggono dalla Libia»
Le traversate nel Mediterraneo non si fermano con l’inverno
450 sopravvissuti al sicuro a bordo della Aquarius verso un “port of safety”
La nave Aquarius, noleggiata dall’organizzazione umanitaria europea SOS MEDITERRANEE e gestita in partnership con Medici Senza Frontiere (MSF), sabato 9 dicembre ha soccorso 115 persone a bordo di un gommone in difficoltà in acque internazionali a largo delle coste libiche e, dopo diverse operazioni di trasbordo, ne ha accolte altre 335 soccorse tra sabato e domenica da mercantili e dalla nave della Ong ProActiva.
L’imbarcazione soccorsa la mattina di sabato dai team di SOS MEDITERRANEE è stata segnalata dal MRCC (Centro di coordinamento per il soccorso marittimo) di Roma, il quale ha dato istruzioni alla Aquarius affinché procedesse al soccorso del gommone in difficoltà in acque internazionali, 35 miglia a est di Tripoli.
«Il gommone, molto fragile e sovraccarico, era sballottato dalle onde, alte più di un metro e mezzo. Le condizioni meteorologiche invernali rendono le operazioni sempre più complesse e sempre più richiedono professionalità da parte dei soccorritori. A bordo delle imbarcazioni in difficoltà le persone sono terrorizzate a causa del forte vento, del freddo, del mal di mare. Non hanno salvagente, non hanno esperienza in mare, ma ciò che più temono è la prospettiva di essere intercettati e riportati nell’inferno libico, dal quale sono appena fuggiti», racconta Nicola Stalla, coordinatore delle operazioni di ricerca e soccorso di SOS MEDITERRANEE.
Sabato sera e domenica l’Aquarius ha condotto, in cooperazione con l’Ong ProActiva Open Arms e sotto il coordinamento del MRCC di Roma, il trasbordo di 335 persone soccorse in mare, alcune delle quali tratte in salvo da una nave mercantile nella mattina di domenica a largo della piattaforma petrolifera Bouri, 50 miglia dalla costa, dopo una notte di ricerche.
Le condizioni meteorologiche hanno reso l’operazione complessa, ma nella notte di domenica l’Aquarius era diretta a nord verso il “port of safety” con a bordo al sicuro 450 naufraghi.
I sopravvissuti provengono da ventisei Paesi diversi: Africa occidentale (tra cui Senegal, Costa d’Avorio, Guinea Conakry e Mali), Nord Africa, ma anche Libia, Siria, Eritrea, Palestina. Tra loro anche 78 donne – di cui sei in gravidanza – e 101 minori, 60 dei quali non accompagnati.
Gran parte dei sopravvissuti affetti da mal di mare a causa delle cattive condizioni meteorologiche, una donna in procinto di partorire, oltre a una persona gravemente disabile sono state affidate alle cure del team di MSF, partner medico di SOS MEDITERRANEE a bordo della Aquarius.
La testimonianza: «Non avevo più paura, ero già morto»
«Sulla spiaggia le persone avevano paura di fronte al mare agitato. Ma le guardie in uniforme ci hanno puntato contro le pistole e costretto a salire», ha riferito uno dei naufraghi a bordo del gommone soccorso nella mattina di sabato.
«Preferisco morire piuttosto che tornare in prigione», ha raccontato un venticinquenne camerunense ai volontari di SOS MEDITERRANEE. «Un giorno in prigione in Libia una guardia ha sparato in aria e tutti sono fuggiti. Io no. Ero sdraiato a terra, la guardia mi ha colpito alla testa con delle pietre, sanguinavo. In cella ci hanno picchiato: mani e piedi legati, appesi a testa in giù, ci hanno colpito per tre giorni sulle articolazioni. Quando gli europei venivano a visitarci le guardie ci dicevano di non parlare. Sceglievano chi mostrare agli europei. Io però ho parlato e quando sono andati via mi hanno punito trascinandomi in strada per 200 metri. Dopo le violenze, ti riportano in cella», ha concluso.
«Ho trascorso due mesi in Libia. Eravamo fantasmi. Dovevamo nasconderci tutto il tempo. Siamo finiti in prigione diverse volte. Un uomo del gruppo con cui ero partita dalla Guinea è stato venduto per 700 dollari», ha raccontato una donna della Guinea ai volontari di SOS MEDITERRANEE. «Una volta un rappresentante ufficiale della Guinea è venuto nella nostra prigione per visitarla e portare delle persone all’aeroporto per rimandarle nel loro Paese. La mia amica temeva fosse un inganno e che ci avrebbero preso per torturarci, così ci siamo nascoste. Pochi giorni dopo è stata violentata e picchiata. È morta», ha proseguito.
«Abbiamo provato in ogni modo a uscire di lì. Abbiamo scavato un buco nel bagno ma le guardie ci hanno scoperti. Abbiamo tentato di forzare la cella, con un amico eravamo quasi riusciti a scappare ma ci hanno presi mentre eravamo sulla recinzione e picchiato. Sono svenuta, ho vomitato e urinato sangue. Mi hanno colpito all’occhio e ora vedo sfocato. Non ho più osato provare a scappare, ma non avevo più paura di niente, ero già morta», ha raccontato ancora la venticinquenne.
Un tredicenne della Guinea ha raccontato di aver tentato due volte di fuggire dalla Libia via mare: «La prima volta la barca si è sgonfiata, tutti urlavano, siamo tornati sulla spiaggia spinti dalle onde. La seconda volta la barca è stata fermata dagli Asma Boys, i criminali del mare, e siamo stati riportati indietro».
Una realtà inaccettabile, in contrasto con i valori fondamentali dell’Europa
«Le testimonianze raccolte domenica a bordo della Aquarius raccontano dell’estrema gravità della situazione in Libia per migranti e rifugiati, che in mancanza di alternative sicure rischiano la propria vita in mare per fuggire da quello che chiamano inferno libico. Oggi l’urgenza assoluta è andare a salvare in mare le persone che continuano a fuggire e di accompagnarle in un luogo sicuro, dove siano protetti e dove i loro diritti fondamentali di esseri umani vengano rispettati», ha dichiarato Sophie Beau, vice presidente di SOS MEDITERRANEE.
Venerdì 8 dicembre l’Aquarius è stata testimone dell’intercettazione da parte della Guardia costiera libica di un’imbarcazione in difficoltà in acque internazionali al largo della Libia, 35 miglia nautiche dalla costa. Il natante è stato individuato da un aereo del dispositivo EUNAVFORMED e una nave militare irlandese dell’operazione Sophia era presente nella zona dell’intercettazione. L’offerta di assistenza da parte della nostra nave umanitaria e del suo equipaggio di soccorritori professionisti è stata rifiutata dalla Guardia costiera libica, che ha dichiarato di coordinare l’operazione e ha intimato alla Aquarius di allontanarsi dalla zona. Le persone intercettate dalla Guardia costiera libica sono state ricondotte in Libia.
«SOS MEDITERRANEE continuerà a testimoniare presso la società civile europea, i media e i responsabili politici e a denunciare la realtà inaccettabile che persiste nel Mediterraneo in contrasto con i fondamentali valori d’umanità europei. In mancanza di un’adeguata risposta istituzionale europea alla perdurante crisi umanitaria al largo delle coste libiche, l’Aquarius continuerà la propria missione per tutto l’inverno senza sosta», ha dichiarato Sophie Beau, vice presidente di SOS MEDITERRANEE.
Foto: Grazia Bucca / SOS MEDITERRANEE
SOS MEDITERRANEE è un’organizzazione umanitaria europea per il salvataggio in mare sostenuta dalla società civile. Il Network europeo è composto da associazioni in Italia, Francia, Germania e Svizzera. Dal febbraio 2016 siamo attivi nel Mediterraneo con la nave di Ricerca e Soccorso AQUARIUS, un’imbarcazione di 77 metri che può ospitare sino a 550 – massimo 750 persone a seconda delle condizioni meteo e marittime. AQUARIUS è gestita in collaborazione con MSF (Medici senza Frontiere) Olanda e a bordo opera un equipaggio internazionale: lo staff nautico, una squadra di ricerca e salvataggio (SAR) e personale medico con esperienza. Dall’inizio della nostra missione ad oggi (dicembre 2017) sono 25.646 le persone salvate ed accolte a bordo della nave AQUARIUS.
Le operazioni di SOS MEDITERRANEE nel Mediterraneo Centrale sono finanziate unicamente dalla società civile. Il costo delle attività di ricerca e soccorso in mare è elevato: 11.000 euro al giorno, necessari per pagare il noleggio della nave, il suo equipaggio, il carburante e l’insieme delle attrezzature necessarie per accogliere, nutrire e curare le persone soccorse.
Info e contatti
Barbara Amodeo b.amodeo@sosmediterranee.org