Diario di bordo – G15 – Mi fa male la Libia

Diario di bordo – G15 – Mi fa male la Libia

È la storia di una ragazzina che sogna davanti alla foto di una rivista. Vi si vede un medico seduto nel vano posteriore di un pick-up, in Africa, un braccio alzato per tenere una flebo su un uomo ferito. E la bambina fa a se stessa una promessa : « Un giorno… » Il sogno di un marmocchio. Anna oggi ha 51 anni. Ha fatto medicina e quattro anni di internato, ma solo una materia le interessa: la medicina generale, lontano dagli studi e dagli ospedali, sin troppo bianchi. Sarà l’Africa, il Camerun tanto per cominciare, la « valle dei combattimenti » dove otto tribù animiste e assai guerriere, fanno una Tregua, il giorno di Natale, per far piacere al viso pallido cristiano. Anna fa scalo in Egitto, e vi rimane quindici anni, innamorata di un copto-ortodosso, suo futuro sposo. Ritornata in Francia, sceglie la Normandia, per loro i due figli, il mare e un tentativo come medico di campagna. Calais non è lontana. I primi migranti soffrono di esaurimento, di tubercolosi, di vecchie ferite e terribili traumi psichici. Dietro la tenda della sala d’attesa, gli adulti prendono le matite colorate dei bimbi e disegnano navi che affondano e uomini che annegano. Così, quando scopre che l’Aquarius, la nave presa a noleggio da SOS MÉDITERRANÉE, sta per iniziare la sua impresa…

Il Mediterraneo, questo Mare Nostrum pieno di grazia, sa anche mostrarsi crudele. La tempesta impedisce ai migranti di partire. La dottoressa Anna ne approfitta per distribuire farmaci contro il mal di mare e fare il punto con l’équipe dei « Médicins du Monde »: Stéphanie, il medico d’urgenza messicano, le infermiere Céline e Maryse e Richard, che si occupa della logistica in situazioni di choc. Al mattino dell’undicesimo giorno, il risveglio è brutale. Sulle acque uno Zodiac, pieno zeppo di rifugiati. Un quarto d’ora più tardi, la clinica di bordo è operativa ed ecco arrivare i primi sopravvissuti. In che stato! Rigidi, lo sguardo vacuo, barcollano, sono bagnati fradici, paralizzati dal freddo, crollano senza dire una parola. C’è una donna incinta in stato di choc, un uomo a cui ricucire un piede traforato dai chiodi del fondo dello Zodiac, c’è da curare tutta la sofferenza del mondo. Anna sa ascoltare i migranti. Gli uomini le raccontano, pezzetto per pezzetto, della fame, della sete, e dei colpi, le torture, le umiliazioni nelle carceri libiche. Le donne, loro, non dicono una parola. La più giovane si nasconde, raggomitolata sotto il lettino dell’ambulatorio. « Dove ti fa male? » – « Non ne posso più! » – « È stato un uomo a farti male? » – « Non ne posso più! ». La ragazzina è incinta. Anna capisce che è stata violentata. Come tutte le altre sopravvissute. Il medico di Calais rivede i terribili disegni fatti dai migranti della giungla, chiari, precisi, ricordi intatti. Traumatizzati.

L’indomani, al porto di Lampedusa, medici e rifugiati si chiamano per nome e si abbracciano. E Anna trasmette delle brevi note mediche alle autorità sanitarie italiane : « Con lui fare attenzione, è ferito… Con lei fare attenzione, è fragile ». La nave, vuota, è tornata su questo mare di fronte a Tripoli, in grado di smontare ogni certezza. Malgrado i suoi venticinque anni di carriera, Anna confessa di non aver mai visto sofferenze così grandi, una tale disperazione. Una specie di sindrome sconosciuta. Come quel giovane venuto per farsi visitare. Una, due, tre volte, il medico ha chiesto: «Di cosa soffri ?». E il giovane migrante ha finito per rispondere : « Mi fa male la Libia ».

Aquarius 11 marzo 2016
Jean-Paul Mari

Fonte -> http://www.grands-reporters.com/Journal-de-bord-SOS-MEDITERRANEE.html